mercoledì 16 gennaio 2013

DALLA PROTESTA ALLA PROPOSTA: ‘QUADERNI DI SCUOLA’


La scuola pubblica italiana ha subito negli ultimi anni drastici tagli lineari di risorse e finanziamenti, giustificati attraverso una campagna mediatica di denigrazione dei docenti: troppi, nullafacenti, incapaci di preparare al mondo del lavoro.
I dati Ocse dimostrano che una formazione adeguata è la leva principale per uscire dalla crisi: una società più colta infatti è una società in grado di produrre più ricchezza, mentre dove la scolarizzazione media è scadente, si produce meno, perché chi non può permettersi una formazione di eccellenza vede sprecate le proprie capacità, chi può accedervi fa fruttare altrove il capitale di sapere.
Paesi come Usa, Germania, Francia, Danimarca hanno aumentato in questi anni la spesa pubblica destinata all’istruzione, l’Italia al contrario continua a spendere poco e male.
La scuola pubblica dunque è stata declassata a politica di settore con cui fare cassa, complice una disattenzione sociale verso il tema dell’educazione, anche da parte delle forze di sinistra, che non hanno capito l’operazione strategica di smantellamento della scuola pubblica attuata dai governi conservatori: tagli dettati non solo da necessità di bilancio, ma funzionali ad un’idea di società basata sul privilegio spacciato per merito o ‘meritocrazia’.
Una scuola privata di strumenti e risorse umane sarà sempre meno in grado di offrire pari opportunità e sostenere il merito; senza compresenze, laboratori, progetti di recupero e integrazione, chi ha la fortuna di crescere in un contesto familiare e sociale favorevole all’apprendimento va avanti, per gli altri insuccesso e abbandono scolastico.
La figura dell’insegnante burocrate e della scuola-azienda delineate dai governi Berlusconi-Monti e dal Ddl Aprea è funzionale alla restaurazione di una società immobile, in cui la scuola pubblica serva non a formare cittadini dotati di coscienza critica, ma allevare consumatori e lavoratori a cui far svolgerere compiti meramente esecutivi o “tecnici”, abituandoli fin da piccoli ad una scuola qualunque anticamera di un lavoro qualunque.
La scuola della Gelmini è stata funzionale al progetto di riduzione dei diritti dei lavoratori di Sacconi, come oggi le misure sulla scuola richieste da Profumo sono funzionali alle ‘riforme’ Fornero: educare non ai diritti e ai saperi, ma alla legge del mercato, alla subordinazione e alla precarietà esistenziale.

La crisi economica, sociale e culturale che più di altri ha investito il nostro Paese, va letta anche da un lato come l'incapacità di far fruttare l’istruzione per innovare il nostro apparato produttivo, dall’altro come crisi della partecipazione democratica. Un sapere diffuso e condiviso è necessario per apportare quelle innovazioni di processo e di prodotto e tornare competivi sui mercati internazionali. Alla corruzione dilagante a tutti i livelli del vivere politico, economico e sociale, è necessario non il dissenso sterile dell’antipolitica, ma l’argine dell’ultrapolitica, della vigilanza e della responsabilità civile, che è inattuabile senza l’educazione pubblica, di Stato, ai saperi comuni di cittadinanza.

1. BERLUSCONI-GELMINI: LA ‘RIFORMA EPOCALE’
A.s. ‘08-‘09, la crisi economica iniziata nel 2006 negli Usa e nascosta dal governo Berlusconi, sta per esplodere anche in Italia. Mentre Brunetta ingaggia una finta lotta contro i dipendenti pubblici fannulloni e Berlusconi dichiara senza mezzi termini che ‘il figlio dell’operaio mica può avere le stesse possibilità del figlio del professionista’, parte la riforma ‘epocale’ Gelmini: 8 miliardi sottratti all’istruzione in 3 anni, in barba ad ogni frustrante tentativo di realizzare i percorsi formativi richiesti a partire dal ‘Consiglio di Lisbona’ del 2000. Risultato:
soppresso il modello di eccellenza della scuola elementare, riportando indietro le lancette della storia al maestro prevalente, al voto numerico e di condotta, alle 24 ore settimanali di lezione a danno del tempo pieno e prolungato;
- nella secondaria superiore riduzione dell’orario, delle discipline (in particolare umanistiche), della didattica laboratoriale (-30%) con un brusco ritorno alla preminenza del ‘sapere’ sul ‘saper fare’, delle sperimentazioni, riduzione dell’obbligo scolastico espletabile nell’ultimo anno anche come apprendistato, il tutto in totale disprezzo delle sentenze contrarie del Tar del Lazio e del Consiglio di Stato;
cancellati 143.000 posti di lavoro, il più grande licenziamento di massa della storia e aumentato il numero di alunni per classe in tutti gli ordini di scuola;
azzerati gli investimenti in formazione e aggiornamento dei docenti;
- tagli drastici per l'edilizia scolastica, per cui oggi il 75% degli edifici non è a norma
Altro che riforma epocale, la restaurazione della vecchia scuola del ‘maestro unico, nella propaganda mediatica quello del libro Cuore, ma che nella realtà rischia di essere quello di Pinocchio.
Don Milani quarant’anni fa scriveva ‘la scuola ha un solo problema, i ragazzi che perde’; per la Gelmini le bocciature diventano un vanto.

2. MONTI-PROFUMO: È L’EUROPA CHE CE LO CHIEDE
Cambia lo stile, ma non la sostanza: mentre alla scuola paritaria non viene sottratto un euro, un ulteriore miliardo di tagli investe la scuola pubblica per ragioni di bilancio. Eppure nella legge di stabilità si confermano le spese militari (ogni F35 da combattimento ci costerà 130 milioni di euro) e privilegi, non vi sono patrimoniali eque nè misure efficaci per contrastare l’evasione fiscale e il costo della corruzione.
Ai tagli si aggiungono pesanti intromissioni in materia contrattuale contenute nella spending review e nella bozza del disegno di legge sulla stabilità. Infatti, in modo unilaterale ed arbitrario, senza nessuna consultazione né trattativa con le organizzazioni sindacali ed in spregio al CCNL, strumento di garanzia dei diritti sindacali e della professionalità dei docenti, si introducono:
- ulteriori tagli agli organici (si presume altri 30.000 posti), a fronte di un costante aumento della popolazione scolastica; il concorso imminente, limitato a 11.000 posti e riservato ai docenti già abilitati, avrà la sola conseguenza di espellere definitivamente dalla scuola quei lavoratori precari che ci lavorano da anni (sono circa 200.000 l’anno i contratti precari nella scuola italiana);
blocco sugli stipendi fino al 2015, stipendi che dal 2006 hanno perso il 25% del potere d'acquisto e che verrebbero ulteriormente ridotti dall’abolizione dell'indennità di vacanza contrattuale prevista nel ddl stabilità
monetizzazione parziale delle ferie, un’attenuazione rispetto alla prima proposta che sottraeva in toto il diritto costituzionale ai precari, mentre sembra sparita dalla nuova bozza l’altra proposta iniqua sul passaggio forzato di docenti in particolari condizioni (inidonei) nei profili ATA;
dimensionamento della rete scolastica secondo un'intesa sottoscritta da Governo, Regioni ed Enti Locali a partire dal 2013-2014, per scendere dalle attuali 9.135 scuole a 8.787 più 107 CPIA di nuova istituzione (un taglio che si aggiunge alle 1.078 scuole cancellate quest’anno) ignorando le specificità degli Istituti siti in piccole isole, in comunità montane e in zone con presenza di minoranze linguistiche; il tutto senza definire i criteri di assegnazione per i Dirigenti amministrativi e le modalità di conduzione delle operazioni di dimensionamento.
innalzamento dell’orario di cattedra delle medie inferiori e superiori a parità di retribuzione, dalle 18 ore attuali alle 24 ore inizialmente previste nell’art. 3 della legge di stabilità, poi ridimensionate a 20-21, per spezzoni orari, svolgere supplenze temporanee e ore di sostegno pur non avendo titolo, alla faccia dell’integrazione scolastica e del diritto allo studio degli studenti diversamente abili.
Poichè la prestazione d’opera a titolo gratuito, cioè il volontariato, non è prevista negli ordinamenti giuridici della pubblica amministrazione, si deduce che il Ministro Profumo, come già Brunetta e Gelmini, ritenga che i docenti italiani lavorino troppo poco; anzi motiva la misura con l’esigenza di adeguare i carichi di lavoro agli “standard europei”.
Eppure la media europea di ore in classe è di 16,3 ore alle superiori e di 18,1 alle medie, alle elementari di 19,6 contro le 22 italiane. Ciò che invece allontana e di parecchio gli insegnanti italiani dai colleghi europei è la retribuzione, poichè guadagnano circa la metà rispetto alla media UE.
In Italia, come nel resto d’Europa, i docenti, oltre alle ore in classe e secondo quanto previsto dall’art. 29 del CCNL, preparano le lezioni, correggono gli elaborati, tengono rapporti con le famiglie, effettuano attività di carattere collegiale (collegi docenti, consigli di classe, riunioni di area disciplinare per la programmazione didattica, gli scrutini, gli esami e tutti gli atti connessi) svolgono attività di ampliamento dell’offerta formativa in orario extra-curricolare, etc. Dunque il Ministro dell’Istruzione ignora o disprezza il quotidiano lavoro dei docenti, tanto da volerno equiparare ad un’attività impiegatizia?

L’attività docente non è di natura impiegatizia, è un’attività di ricerca, complessa, richiede impegno, continuità, sinergie con il mondo della ricerca e della cultura. La relazione educativa tra alunni e insegnanti, per crescere e maturare, richiede innanzi tutto continuità; oggi un insegnante su sei è a tempo determinate e i ragazzi cambiano di anno in anno più di un terzo dei docenti. L’insegnamento e l’educazione, per essere efficaci, devono essere svolte in collaborazione con tutto il personale della scuola, con le famiglie e le altre agenzie educative del territorio. Ogni docente deve aggiornarsi di continuo per rispondere ai bisogni di ciascun alunno, adeguare i propri strumenti professionali al continuo riassetto dei saperi disciplinari e delle tecnologie, conoscere l’universo dei media a cui gli adolescenti sono esposti. Nella scuola italiana, che licenzia, non investe un euro nell’aggiornamento, non ha un sistema di valutazione di sistema, i docenti sono più vecchi, meno aggiornati, meno pagati dei colleghi europei; chi lavora poco e/o male in quelle 18 ore, lavorerà poco e male anche per 20, 22 o 24 ore, tanto nessuno lo valuta. E chi invece lavora bene? Non dovrà rinunciare alla qualità per sopperire alla quantità?

3. DDL 953 EX APREA: IL PORCELLUM SCOLASTICO
Il Ddl 953 (ex disegno di legge Aprea) sulla "Autonomia statutaria delle Istituzioni Scolastiche" prevede la creazione di un «Consiglio dell'Autonomia» al posto dell'attuale Consiglio d'Istituto, in cui il personale non docente verrebbe sostituito da «membri esterni, scelti con dubbi criteri di individuazione fra le realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi, in numero non superiore a 2 […]» (art. 4). È prevista la possibilità di «ricevere contributi da fondazioni finalizzati al sostegno economico delle loro attività», fondazioni che «possono essere soggetti sia pubblici che privati, fondazioni, associazioni di genitori o di cittadini, organizzazioni no profit (art. 10 c. 2)», soggetti che dunque entrerebbero nel Consiglio dell'Autonomia a condizionarne le scelte. Ogni Consiglio dell'Autonomia infatti dovrebbe elaborare uno «Statuto autonomo», che deciderà anche su materie finora regolate da una normativa unitaria per tutto il territorio nazionale, ad es sugli organi collegiali, garanzia di democrazia e collaborazione tra gli attori della scuola. Un «nucleo di autovalutazione» avrebbe il compito di giudicare la qualità della scuola (art. 8)» quindi ogni scuola si giudica da sè, seppure con uno o più membri esterni e in collaborazione con l'Invalsi, che finora ha prodotto insignificanti quiz di rilevazione e non valutazione della didattica.
Nel ddl Aprea seconda versione, l’autonomia non è dunque strumento di innovazione a beneficio degli alunni e del territorio, ma al servizio dei finanziatori; si rischia così di rompere l’unitarietà del sistema scolastico nazionale, soprattutto nell’istruzione professionale, che più è legata al tessuto imprenditoriale locale, e di determinare differenze sostanziali tra scuola e scuola e tra nord e sud del Paese.

DALLA PROTESTA ALLA PROPOSTA: I ‘QUADERNI DI SCUOLA’ DI SEL SAPERI
Sinistra Ecologia Libertà ha avviato una riflessione ampia sul tema dell’istruzione e dell’educazione.
Cancellando le leggi Moratti e Gelmini, abbandonando logiche emergenziali e luoghi comuni, al centro dell'azione del governo di centrosinistra deve esserci una vera riforma della scuola pubblica di Stato, fedele al dettato costituzionale e in grado di offrire ai futuri cittadini strumenti per rielaborare i saperi disciplinari, diffondere l'uso delle nuove tecnologie, favorire relazioni interpersonali e apprendimenti cooperativi, trasmettere memorie e valori storici, educare alla mondialità per la costruzione di una società plurale, solidale e di pace.
La scuola educa attraverso le discipline, quindi educa e distribuisce insieme saperi; oggi è necessario più sapere in ogni mestiere e professione per restituire valore e dignità al lavoro e vincere la sfida dell’economia sostenibile, così come è necessario un sapere comune di cittadinanza attiva per innalzare il livello di democrazia e ripristinare la legalità.

Abbiamo discusso di questi temi con gli operatori della scuola, gli studenti e le famiglie, i cittadini; due anni di incontri e confronti da cui è scaturito un work in progress, Quaderni di Scuola, proposte per rilanciare la scuola pubblica come strumento di uguaglianza sociale, moltiplicatore di opportunità ed elemento di trasformazione del Paese.
Tre le finalità dei Quaderni: riavviare la riflessione sul tema dell’educazione, elaborare unaproposta legislativa di riforma della scuola pubblica di Stato, ridare voce ai soggetti che operano nella scuola, attraverso quattro sezioni: una premessa sul ruolo dell’istruzione nelle società complesse, un’analisi della crisi attuale in relazione al decadimento del sistema d’istruzione, una terza parte con le nostre proposte, infine i contributi e gli approfondimenti di esperti.
Le nostre proposte toccano tematiche centrali del processo di apprendimento: obbligo scolastico, istruzione e formazione professionale, educazione permanente degli adulti, formazione, reclutamento e aggiornamento dei docenti, nuove tecnologie valutazione di sistema, autonomia scolastica e governo delle istituzioni. Investire nell’edilizia scolastica, nella didattica laboratoriale, nella formazione e nell’aggiornamento continuodei docenti, stabilizzando gli organici; rendere visibili, misurabili e valutabili tutte le attività che l’insegnamento comporta e che vengono svolte dentro e fuori le scuole, in orario di lezione ed extrascolastico, in classe e per l’intera scuola, come avviene nelle scuole europee; modificare anche l’orario di lavoro dei docenti, ma non per svolgere supplenze o insegnamento su spezzoni di cattedre, rendendo ancora più precarie le figure docenti, ma per rendere scuole e biblioteche scolastiche luoghi di formazione aperti al territorio, attivare percorsi di apprendimento opzionali e motivanti accanto a quelli comuni, riprendere la questione del tempo pieno, incrementare le occasioni di confronto tra il personale della scuola; riconoscere alla professione docente, anche in termini economici, il ruolo che merita.

I saperi vanno posti al centro dell’azione politica del prossimo governo di centro sinistra perchèdalla qualità dell’istruzione pubblica non dipende solo la qualità della formazione e quindi della capacità di innovazione e di competizione internazionale del nostro sistema produttivo, ma la qualità stessa della democrazia, perché la scuola di massa non genera solo il sapere scientifico e tecnico, ma anche la gerarchia dei valori e l’immaginario della società.

La cultura è il primo bene comune e necessita oggi di un investimento straordinario.


Costituzione della Repubblica italiana
Art. 3: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 33. L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato (…)
Art. 34. La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

Nessun commento:

Posta un commento